Verdone: "Con Carlos Bianchi non andavo più allo stadio. Documentario su Totti? Gli farei volentieri da regista"

21.10.2016 19:36 di  Marco Juric   vedi letture
Fonte: AS Roma Match Program
Verdone: "Con Carlos Bianchi non andavo più allo stadio. Documentario su Totti? Gli farei volentieri da regista"
Vocegiallorossa.it
© foto di Federico Gaetano

Carlo Verdone aprirà la serata alle 19, presentando in rassegna gli eletti nella Hall of Fame della Roma. Da tifoso della Roma non ha potuto dire no: “Quando mi hanno chiesto se mi facesse piacere presentare questo evento,  io ho risposto subito sì. La Roma è la mia squadra da sempre, sarà un bel momento da tifoso…”, dice all'AS Roma match program.

Dove nasce la passione giallorossa?
“Sui banchi delle elementari, grazie a un mio compagno di scuola. Si chiamava Franco e aveva una grande capacità: era bravo a disegnare. Ci sapeva fare davvero. Pensate, quando dalla radiolina sapevamo i risultati delle partite, lui immaginava i gol rappresentandoli su carta. E in particolare, era bravissimo a riprodurre le maglie romaniste, cogliendo ogni dettaglio. E mi colpì molto, dato che io collezionavo figurine”.

La prima figurina che le viene in mente?
“All’inizio mi soffermavo su squadre più strane, tipo Pro Patria o Lanerossi Vicenza. Ma poi un giorno successe che questo amico, Franco, mi disse: “Andiamo allo stadio”. E così mio padre ci accompagnò all’Olimpico. Fu un contagio straordinario”.

Che partita era?
“Non la ricordo, ma era la Roma di Selmosson, Ghiggia, Da Costa, Panetti, Manfredini, Guarnacci, Losi: una grande squadra. Io volevo anche essere diverso da mio fratello Luca, che collezionava materiale della Juventus di Sivori. Questo fino alle medie, poi anche lui diventò romanista”.

Da tifoso, qual è stata la sua Roma?
“Quella degli Anni Ottanta con Falçao, Conti, Pruzzo e un grande presidente come Dino Viola. Un uomo all’antica, un ottimo industriale. Faceva fare bella figura alla società quando parlava con la stampa”.

Di quella squadra faceva parte pure Tonino Cerezo, che premierà domenica sera sul prato dell’Olimpico.
“Sul campo era fortissimo, ma lo ricordo con piacere anche fuori. Prima di tutto era molto simpatico, aperto, scherzoso. Una volta lo incontrai in un locale e fu particolarmente cordiale. Sono tutti calciatori importanti, che hanno fatto la storia di questa società”.

Da un centrocampista a un altro, ma di un’epoca diversa: Damiano Tommasi.
“Lui è stato uno dei motori principali del terzo scudetto insieme a Batistuta. Non abbassava mai la guardia, ha il sessanta percento dei meriti del titolo giallorosso. Fece faville, la stima nei suoi confronti salì vertiginosamente. Poi è una persona onesta, perbene, dal punto di vista etico è impeccabile. Un grande uomo. Mi farà piacere consegnarli questo prestigioso riconoscimento. Pensare che arrivò a Roma in un periodo in cui seguivo meno la squadra…”.

Cioè?
“Con Carlos Bianchi allenatore. Girava tutto per il verso contrario: la squadra giocava male e l’entusiasmo veniva meno. Non andavo più allo stadio. Sono tornato a frequentare l’Olimpico grazie a Zeman”.

Il vice di Carlos Bianchi era Sergio Santarini, anche lui entrato nella Hall of Fame.
“Di lui ricordo ancora la figurina Panini, forse l’ultimo album che feci. Santarini è stato un grande difensore, un cinque come non ce ne sono più”.

È vero che un paio di anni fa incontrò Pallotta a Boston?
“Verissimo, successe nella primavera del 2014. Nasce tutto da una lezione che dovevo tenere sul cinema italiano in un’università americana. Dato che non avevo mai visto Boston, decido di fermarmi qualche giorno in più con i miei figli Paolo e Giulia per visitarla. Poi, ad un certo momento, penso: “Ma a Boston c’è Pallotta…”. Così chiamo Baldissoni e gli chiedo se è possibile incontrarlo per conoscerlo di persona. E ci siamo visti”.

E di che avete parlato?
“Di un po’ di tutto, ci siamo fatti una bella chiacchierata. Pallotta è stato carino nei miei confronti, sapeva pure che avevo da poco vinto l’oscar con “La grande bellezza”.

A proposito, Sky ha mandato la versione integrale de “La grande bellezza”, dove è stata mostrata la scena che fu tagliata da Sorrentino, in cui Romano, il suo personaggio, ha un approccio sessuale con la ragazza interpretata da Anna Della Rosa.
“Vero, mi ha fatto piacere vederla. È un passaggio che dà più spessore alla figura di Romano. Sulla scalinata dell’Ara Coeli, lei prova a concedersi dopo duemila rifiuti, ma Romano percepisce quasi subito che gli sta facendo la carità, così se ne va schifato. Questo momento spiega meglio la decisione di Romano di lasciare per sempre la città e di dire che Roma lo ha molto deluso”. 

Tornando alla Roma, in passato ha dichiarato che le piacerebbe realizzare un documentario sulla carriera di Totti.
“Non ne ho mai parlato con nessuno, a dire il vero, ma se un domani a lui venisse in mente di fare una cosa del genere, e nel caso volesse avere un buon regista a supporto, io glielo faccio con molto piacere. Da romano a romano. E da romanista a romanista”.