Sacchi: "La Roma ha limiti di gioco e organizzazione"

09.02.2015 10:01 di Luca d'Alessandro Twitter:    vedi letture
Fonte: Tele Radio Stereo
Sacchi: "La Roma ha limiti di gioco e organizzazione"
Vocegiallorossa.it
© foto di Federico De Luca

Arrigo Sacchi, ex CT della Nazionale, è intervenuto ai microfoni di Tele Radio Stereo. Queste le sue dichiarazioni:

“Il nostro è un Paese che non si rinnova, in cui gli arrivisti e gli opportunisti sono più dei professionisti. E questo si riflette nel calcio. In altri Paesi una vittoria non deve essere l'unico scopo, se non si vince grazie alla prestazione la vittoria vale meno. Quando allenavo l'Atletico di Madrid, battemmo la capolista Celta, chiudemmo in nove contro undici. Vincemmo senza giocare una grande partita. E tifosi e stampa non la celebrarono come un'impresa, da noi si sarebbe parlato di eroismo. Viviamo nel Paese delle arene, in cui il coro più gettonato è "devi morire''. Il calcio nasce come sport collettivo e offensivo, noi lo interpretiamo come sport difensivo e dove conta l'individuo".

Sulla lotta scudetto:
"All'inizio del campionato si prevedeva una lotta Juventus-Roma per lo scudetto con possibile inserimento del Napoli. L'incognita era l'Inter. La Juventus si sta ripetendo, nonostante molti pensassero che il dopo Conte avrebbe comportato dei problemi. Allegri molto probabilmente non è didattico come Conte, ma ha altre qualità che gli stanno permettendo di portare avanti la Juventus senza abbassare il livello".

Sulla Roma:
"La Roma ha dimostrato di avere purtroppo dei limiti di organizzazione di gioco. Parte da un'ottima base di tecnica ma non ha un gran ritmo. Aldilà dei valori individuali è ancora troppo legata al rendimento di un calciatore come Totti che ha comunque trentotto anni. L'organizzazione difensiva è ancora approssimativa, e nel calcio non devono contare soltanto i singoli, il collettivo deve andare oltre".

Sulla lotta Champions League:
"Il Napoli ha pagato dazio all'eliminazione in Champions League. Roma e Napoli sono poco abituate a vincere, sicuramente se confrontate alla Juventus. Il mio Milan, e poi quello di Capello, si fondava su calciatori italiani che erano abituati a vincere. Questo era il segreto".