Le Ali di Camilla, Bettinelli: "Edoardo aveva cercato di intraprendere un percorso per affrontare il tema del fine vita. Non si può giudicare il dolore degli altri"

24.04.2024 00:00 di  Marco Rossi Mercanti  Twitter:    vedi letture
Le Ali di Camilla, Bettinelli: "Edoardo aveva cercato di intraprendere un percorso per affrontare il tema del fine vita. Non si può giudicare il dolore degli altri"
Vocegiallorossa.it
© foto di www.imagephotoagency.it

Stefania Bettinelli, presidente dell’associazione modenese "Le ali di Camilla", che ha a che fare con la vicenda del tifoso Edoardo (qui la nostra intervista), è stata intervistata su Tele Radio Stereo durante la trasmissione "Te La Do Io Tokyo". Ecco le sue parole:

Le parole su Edoardo?
“Confermo assolutamente quanto detto nella lettera che ho scritto. Ringrazio trasmissioni come la vostra e le testate che hanno dato spazio alla nostra smentita su quello che stava succedendo. È chiaro che Edoardo quando vi ha chiamato non ha fatto calcoli e non ha pensato a tutto quello che sarebbe potuto succedere dopo la telefonata, ha chiamato da tifoso la sua radio e ha raccontato quella che per lui era una coincidenza legata al mondo del calcio e che gli era sembrata curiosa. Lui aveva cercato di intraprendere un percorso per affrontare il tema del fine vita, che non va demonizzato, perché è un tema che esiste e per alcune patologie viene preso in considerazione. Aveva chiesto un appuntamento e gli era capitata proprio la data della potenziale finale e questa cosa lo aveva colpito, perché è un romanista fino al midollo, ha ragionato più da tifoso che da paziente e voleva sottolineare questa coincidenza. Di certo non si immaginava tutto quello che si è scatenato dopo, né nel bene, né, purtroppo, nel male”. 

Gli attacchi e le accuse a livello mediatico?
“Più che rimanerci male io, ci è rimasto malissimo Edoardo. Mi sembra giusto e corretto far notare alle persone che come la vicenda di Edoardo ha scatenato delle reazioni, anche le reazioni degli altri generano una catena che a volte può fare malissimo, soprattutto quando una cosa è vera e viene etichettata come falsa. Ecco, questo non si può fare. E questa è la ragione per cui, come presidente di un’associazione, ho deciso che fosse il caso di intervenire perché questa cosa doveva finire. Non si può giudicare il dolore degli altri. Il dolore non è visibile e ognuno ha una soglia del dolore. Il dolore non si vede ma fa malissimo. Per questo prima di entrare in questo campo chiedo non solo di mettere i guanti di velluto ma di arrivarci davvero con tutta la delicatezza che serve, perché soprattutto chi sta male è ancora più fragile e quindi quello che potrebbe non essere così devastante per qualcuno, potrebbe essere orribile per qualcun altro. Quindi vi prego di pensarci bene prima di entrare in un tema così intimo e personale”.