Spettri e lotterie, quando 90 minuti non bastano per decidere il match

26.05.2013 13:00 di  Gabriele Chiocchio  Twitter:    vedi letture
Spettri e lotterie, quando 90 minuti non bastano per decidere il match
Vocegiallorossa.it
© foto di Federico Gaetano

Il pareggio nell'ultimo derby, risultato che mancava alla stracittadina della capitale da 6 anni, inevitabilmente ha fatto venire in mente ai tifosi l'ipotesi che si possa verificare anche nell'attesissima finale di Coppa Italia di domenica, che vivrebbe quindi un emozionante - ed estenuante - prolungamento oltre il 90'. In cinque delle ultime venti edizioni del trofeo - compresa quella in corso - la Roma ha dovuto affrontare gli overtime e in quattro di queste occasioni è arrivata ai temuti tiri dal dischetto.

Nella stagione 1993/1994, l'avversario negli ottavi di finale è la Sampdoria degli ex Eriksson e Vierchowod, squadra battuta nella finale di tre stagioni prima dai giallorossi, ancora feriti dall'atto conclusivo della stagione precedente quando le due reti dell'ex Silenzi resero vana l'incredibile rimonta sul Torino dopo lo 0-3 del Delle Alpi. A Genova, l'iniziale rete di Silvano Benedetti, poi rimontata da Lombardo e Salsano, tiene tutto aperto per il ritorno all'Olimpico, nel quale una doppietta di Cappioli, intervallata dal centro dal dischetto di Platt, manda tutti ai supplementari e poi ai rigori. Non bastano le canoniche cinque serie per trovare una qualificata viste le parate di Pagliuca su Comi e di Lorieri su Gullit, si va avanti ad oltranza fin quando, al sedicesimo tiro, Garzya si fa respingere la conclusione dal portiere doriano, interrompendo anzitempo il cammino verso la Coppa.

Passano cinque anni e, sempre agli ottavi di finale, la Roma di Zeman si trova nuovamente a dover affrontare i temuti tiri dal dischetto. Contro l'Atalanta di Mutti non bastano infatti 210' tra andata, ritorno e supplementari, con i gol di Veronese e Delvecchio a Bergamo e quelli di Caccia e Totti all'Olimpico. Chimenti non è fortunato e non intuisce nemmeno un tiro avversario, il numero 24 sbaglia la terza conclusione e i giallorossi escono nuovamente puniti ed eliminati dal trofeo.

Nel 2002/2003, ancora agli ottavi di finale, la Roma incrocia la Triestina di Ezio Rossi, avversario sicuramente abbordabile pur essendo in quel momento capolista in Serie B. L'approccio al doppio confronto è però deficitario, e al Rocco i giallorossi non escono sconfitti dal gol di Beretta grazie a un calcio di punizione di Batistuta in extremis. Nel ritorno la storia non cambia, con Lima che procura un autogol di Maietta e Fava che pareggia il conto, mandando tutti ai supplementari - nel corso dei quali la situazione resta invariata - e poi alla sfida dagli undici metri, nei quali tuttavia l'esperienza dei romanisti fa la differenza, con gli ospiti che sbagliano due rigori su tre e la serie che termina sul quarto tiro dal dischetto di Candela, che spedisce la squadra di Capello ai quarti di una coppa poi persa nella doppia finale col Milan.

Due stagioni dopo, l'incubo-rigori si materializza in un quarto di finale sui generis: andata e ritorno contro la Fiorentina si giocano a due mesi di distanza e con due allenatori diversi, con il primo match vinto per 1-0 grazie a una zuccata di De Rossi e Delneri in panchina e il secondo nel quale il risultato torna in equilibrio a causa di un'autorete di Matteo Ferrari, che porta Bruno Conti, subentrato nel frattempo in panchina, a dover stilare una lista di rigoristi 21 anni dopo essere stato protagonista negativo di quella maledetta finale contro il Liverpool. La parata dell'ex Cejas su Cassano  sembra preludere a una conclusione simile, ma il miracolo di Curci sullo specialista Miccoli all'ultima serie e il Palo di Ujfalusi, cui Scurto risponde positivamente al tiro numero 16, mandano in estasi l'ex numero 7 che poi si sarebbe giocato il trofeo in finale perdendolo contro l'Inter.

Sempre a Firenze, ed è storia recente, l'ultimo caso in cui non sono bastati 90 minuti per trovare i vincitori di una gara ad eliminazione diretta di Coppa Italia con la Roma coinvolta: in una gara secca nata tra mille polemiche per l'inversione del campo, i giallorossi - ridotti ai minimi termini per infortuni e squalifiche, con Zeman che per la prima volta in carriera cambia modulo dal 4-3-3 al 3-4-3 - giocano una partita tutto cuore contro i viola di Montella, resistono agli assalti di Jovetic e compagni, che prendono tre legni, e piazzano con Destro al minuto 98 la stoccata decisiva, che permette ai giallorossi di giocarsi la semifinale con l'Inter e di arrivare all'ultimo attesissimo atto dello Stadio Olimpico. Che, probabilmente, molti si augurano termini dopo il recupero del secondo tempo.